Export manager: uomo o donna?
“I won’t talk to you!”
“Why?” I asked him back
“Cause you are a woman!” he replied.
Esterrefatta, sono rimasta impassibile senza abbassare lo sguardo, mentre lui masticava, rumorosamente, il chewing gum guardandomi con disprezzo.
E’ successo più di 20 anni fa, ero poco più che una ragazzina, una ragazzina alle prime armi. Lui ricopriva il ruolo di buyer per un’importante multinazionale iraniana. Non avevo ancora una cultura specifica in comunicazione interculturale, mi sono, allora, limitata a seguire il mio istinto ed il buon senso. La situazione si è sbloccata in pochi minuti ma non ti dirò ora come.
Oggi, che è l’8 marzo, voglio parlare di un tema che sta a cuore a tante donne che si occupano di export, come anche a tanti uomini, credo.
Perché un imprenditore o hr manager sceglie, molto più spesso, un uomo rispetto ad una donna?
Quali sono le discriminanti?
Quali i risultati, nero su bianco, dell’uno o dell’altra?
Non sono a conoscenza di statistiche in merito ed, in questo momento, non mi concentrerò sulle hard skills che, tanto uomini quanto donne possono possedere o formare ma, invece, su quelle soft skills intrinseche al genere.
Vi sono chiaramente due maniere diverse di fare export, di fare business, più in generale.
Vi sono caratteristiche comuni a uomini e donne e caratteristiche personali uniche e non replicabili.
E’ noto che la donna tende a essere più accogliente, più empatica, più generosa dell’uomo anche nella conduzione del business, l’uomo, al contrario, è generalmente più orientato alla razionalità, alla strategia e alla competizione.
Appare chiaro come, nella situazione descritta poco sopra, con il buyer iraniano, sia molto probabile che un export manager donna con tratti maschili molto forti avrebbe reagito diversamente. Il che significa che non possiamo trarne degli assoluti.
La domanda è: esiste una modalità più femminile ed una più maschile di fare l’export manager?
Sappiamo che in un ambito di negoziazione, come anche di prima presentazione aziendale, le aree cerebrali che vengono attivate sono diverse per un cervello maschile da un cervello femminile.
Tanto per il venditore quanto per il compratore.
L’export coaching aziendale parte dal presupposto che l’imprenditore sia fonte del proprio successo o insuccesso: delegare ad altri funziona solo se e quando si ha consapevolezza rispetto ai propri punti di forza come delle proprie debolezze.
Si inizia da un lavoro più di esplorazione che di strategia, più femminile che maschile, un lavoro che partendo da se stessi arrivi ad abbracciare le altre figure (femminili e maschili) coinvolte nel processo di internazionalizzazione affinché si possa dare voce alle energie femminili e maschili che, variamente combinate, contribuiscano alla creazione e diffusione di una cultura societaria inclusiva, genitrice di creatività, di talenti e quindi di innovazione e di profitto.
La diversità di genere non è più rilevante della diversità di estrazione sociale, di età, di esperienza, di cultura o di ambizione e motivazione. Anzi la valorizzazione della diversità di genere e soprattutto di cultura tra uomo e donna così come tra italiano e giapponese o tedesco è una opportunità di crescita, di arricchimento, sia in termini personali prima che di business. A questo dovrebbero puntare imprenditori ed hr in fase di selezione.
E se ad influenzare i tuoi comportamenti fosse l’abbigliamento? Scopri di più qui.
Keep in touch e buon export!